Introduzione:
Voci da un altro tempo, segni da un altro luogo ~ Antonio Faeti
L'arte infantile, come spiegava uno dei suoi primi studiosi, Corrado Ricci,
molto spesso ci viene incontro, non siamo noi che andiamo a cercarla davvero.
Così, questi bambini giapponesi degli anni trenta hanno voluto raggiungere altri
occhi, dire ad altre persone ciò che avevano da dire. L'ar-te infantile ha
comunque due patrie, e lo si vede bene anche in questo caso. La prima è la
patria Infanzia, con la sua storia sottesa, sussurrata, e i suoi eventi che
valgono al più come indizi. La seconda è la patria che si riferisce
all'antropologia culturale, e ci dice di come oggetti, spazi, modalità
espressive possano, anche all'interno della dimensione infantile, risultare
condizionati da mode, stili, atteggiamenti, tecniche appartenenti a spazi
adulti. Paesaggi che sono, un poco, di tutti i bambini del mondo, con la
struttura arcana e il sapore di alba di cui ci parlano le tavole create da ogni
infanzia. Paesaggi che sono, molto, solo di questi bambini giapponesi, del loro
universo pittorico, degli accadimenti storici entro cui va inserito il concorso
a cui parteciparono, dei materiali, delle guide, delle suggestioni, delle attese
con cui dovettero interloquire. Nell'impossibilità di possedere quelle
informazioni insostituibili, che si ricavano solo dall'osservazione diretta e
continuata dei bambini che dipingono - ovvero di cedere a quella estasi
percettiva che coglieva Paul Klee mentre "apprendeva" dal suo bambino - occorre
cedere a stimoli diversi, seguire tracce anche casuali, almeno in apparenza.
Quando si sono lasciati lì, quando ci si abbandona al volgere dei pensieri,
questi disegni sembrano richiamare Sogni di Akira Kurosawa, un film del 1990. II
film è composto da otto episodi: nel primo, "Sole attraverso la pioggia", un
bambino assiste al matrimonio delle volpi disobbedendo a un ordine preciso che
gli viene dalla madre; nel secondo, "Il pescheto", un bambino ottiene che un
pescheto non sia abbattuto e, per premiarlo, le divinità arboricole danzano per
lui.
La provvisoria ermeneutica di cui ci si può dotare quando non si possiedono
autentici strumenti interpretativi si vale certo di questo accostamento. Nella
memoria filmica di Kurosawa, così come nei disegni di questi bambini, c'è un
rapporto tra cultura e natura che sembra possedere un sedimento comune. Gli
alberi e i manufatti, le case e il verde, gli edifici pubblici e i prati,
alludono a un dialogo che è vivo e perdurante. Le case della tradizione si
stringono ai viali della modernità, sembra che i bambini - anche guardando alle
intenzioni del concorso - dicano soprattutto che il loro paese vive di questo
sistema civile di rapporti. E non c'è dubbio che, a guardarli tutti, il
messaggio ignoto degli ignoti autori, risvegli in noi echi profondi, come se, di
questo invito a onorare i luoghi e la natura, noi fossimo i destinatari
legittimi, scelti davvero.
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